Hai tempo per un tè? - Fu la prima cosa che mi venne chiesta quando mi allontanai da sola alla ricerca di un contatto vero col Senegal. Non conoscevo ancora il vero significato di quell'offerta: mi sembrò, banalmente, un eccesso di gentilezza verso lo straniero. Lampo mi chiese di seguirlo ed io accettai il suo invito.
Per la strada passammo da una baracca all'altra, recuperando gli scarti di legno dall'ebanista per accendere il fuoco, la teiera dal venditore di souvenir, l'acqua dalla venditrice di pesce, il tè dal ragazzo che accordava gli strumenti musicali. Seguiti da festosi e meravigliosi bambini, sempre pronti al sorriso, comprammo, infine, un sacchetto monodose di zucchero.
Un anziano signore, ben vestito, ci condusse a casa sua.
Per proteggerci dal caldo equatoriale ci sedemmo all'ombra di un gigantesco albero di mango, dove fu accesso il piccolo fuoco per la teiera.Mi preparai a bere il mio primo attaya. Quando il tè fu pronto, l'anziano si fece servire un vassoio e due bicchierini; con innata maestria passò il tè da un bicchierino all'altro, per meglio mescolare lo zucchero e farlo addensare in una schiuma da birra. Il tè andava bevuto tre volte, mi raccontò: il primo é amaro e forte come l'uomo, il secondo è dolce come la vita e il terzo è dolcissimo come l'amore.
Mentre bevevo quella delizia forte e sciropposa, lentamente, come in un rituale di processione, si aggiungevano a noi i pescatori,
le donne dai volti sorridenti e dagli abiti luminosissimi che, tornando dalle loro brulicanti attività quotidiane, passavano di lì per bere un bicchiere di tè e raccontarsi o semplicemente riposare.
La teiera si svuotò per la terza volta e mi accorsi che erano trascorse più di tre ore. Era il tempo del tramonto, di quei tramonti rapidi e dai violenti colori.Fu in quell'istante che capii il momento del tè: quel tempo lunghissimo e quasi ipnotico - durante il quale con reverenza quasi religiosa il passato riviveva ogni giorno perché non era mai passato -
era l'asse intorno cui il Senegal girava, lentamente, senza fretta verso il futuro, immerso nel passato e vigile nel presente.
Era il filtro attraverso il quale colava
il vero volto del Senegal, fatto di cerimonie e riti che trasmettono conoscenze, tradizioni e valori antichi. Era il succo dolce e amaro del cuore senegalese pieno di allegrie e tristezza antiche; come la terra, come il carretto che avevo visto passare.